Si tratta di due lavori in ceramica che riprendono alcune delle principali caratteristiche formali per cui l’artista è conosciuta. Come tali, essi rappresentano un’occasione importante per avvicinarsi alla produzione di un’artista che ha seguito la traiettoria dell’arte italiana del Novecento per più di mezzo secolo.
Nata nel 1919 a Ulassai, Sardegna, Lai trascorre una vita in viaggio costante per l’Italia. Pur mantenendo un forte legame con la sua terra di origine, l’artista si formò dapprima a Roma, dove studiò nel liceo artistico di via di Ripetta, e successivamente a Venezia, presso l’Accademia di Belle Arti. Negli anni successivi ritornò spesso nella capitale per esporre le proprie opere, dapprima nel 1957 con Obelisk Gallery e nuovamente nel 1971 per Galleria Schneider. La sua vita prosegue così tra Cagliari e Roma, per poi tornare definitivamente in Sardegna nel 1993, quando si stabilisce presso Cardedu.
I due lavori inclusi nel catalogo d’asta sono un orologio e un assemblaggio in ceramica dipinta a mano con inserti in spago. In entrambi i casi, la scelta del materiale risponde alla più ampia produzione di Lai, anche conosciuta per le sue opere realizzate con tessuti grezzi e ricamati a mano. Tutti i lavori dell’artista presentano notevoli qualità tattili che li rende di particolare impatto quando osservati e maneggiati dal vivo. Si tratta di tecniche alternative nel panorama della scultura e della pittura tradizionali e presentano l’influenza di movimenti come Arte Povera, che predicava una riconsiderazione totale nella scelta dei materiali impiegati nel corso della produzione artistica, che diventa gradualmente più densa su un piano concettuale. Nei due lavori proposti, Lai propone l’aspetto morbido e malleabile della ceramica come alternativa alla durezza e resistenza di materiali tradizionali quali il bronzo, la pietra, il marmo.
L’orologio (lot. 23) rappresenta un’unione curiosa tra oggetto di uso quotidiano e opera d’arte. I contorni irregolari della base in ceramica rendono la lettura delle ore difficile e aleatoria. Come i famosi orologi molli di Dalì, l’opera sembra alludere al trascorrere del tempo secondo parametri non lineari e non sempre chiari. Al tempo stesso, i colori terrosi impiegati dall’artista rimandano al secondo oggetto presentato in asta, dal titolo Catturando Spiritelli (lot. 111). In questo caso, l’opera d’arte viene ripensata attraverso materiali poveri e di facile reperibilità. Al di là della ceramica, che Lai dipinge a mano, risulta notevole l’uso dello spago su una base di cartone. L’opera in sé emerge quindi in tutta la sua semplicità e rappresenta il processo di trasformazione dell’arte contemporanea operato negli anni ’70 da artiste internazionali come Judy Chicago, che hanno contribuito ad una rivalutazione di tecniche prima considerate come terreno esclusivo delle arti decorative. L’opera di Lai prende parte a questi sviluppi e li porta a compimento verso la fine degli anni ’90.
Catturando Spiritelli fa riferimento, a partire dal titolo, al ricco substrato culturale che Lai ha acquisito attraverso la propria identità sarda. I materiali stessi fanno riferimento a quella che lei stessa definì l’eredità “preistorica” della sua terra e che si è mantenuta nel contesto rurale di Ulassai, dove l’artista diede vita a vari progetti creativi. Tra questi anche la sua opera più famosa, Legarsi alla montagna (1981), in cui Lai unì mediante un nastro chilometrico le abitazioni locali, andando così a rendere visibili le interazioni quotidiane che costituiscono la trama sociale di ogni paese. In questo contesto, i colori della ceramica, dal bianco al marrone più scuro, ricordano proprio il paesaggio roccioso e scosceso della rupe che incombe su Ulassai. In questo modo l’opera si fa portatrice di tradizione non solo nei termini astratti della tecnica ma anche attraverso l’esempio visivo concreto che rimanda all’esperienza biografica dell’artista.
Le due opere proposte rappresentano in sede d’asta l’opera di un’artista dalla lunga carriera, che incarna la dicotomia tipica dell’arte moderna italiana, capace di interpretare le spinte più rivoluzionarie provenienti dal mondo dell’arte internazionale pur mantenendo un rapporto stretto con la dimensione locale, che nel caso di Lai si riferisce alla Sardegna quale sua terra di origine. I due lavori in questione si pongono dunque come rappresentanti ideali di questo modello creativo.