La proposta in catalogo di quattro lotti include tre serie serigrafiche ed una litografia.
Isgrò nasce a Barcellona Pozzo di Gotto, Sicilia, nel 1937. Il primo dato di rilievo della sua densa biografia è il fatto che l’artista non si ridusse mai ad una singola forma espressiva. Alla sua produzione visiva, Isgrò affianca opere di stampo letterario, poetico e drammatico. Non a caso, esordisce proprio come poeta nel 1956, pubblicando la raccolta Fiere del Sud, seguita da altri componimenti quali Uomini e Donne (1965) e L’Età della Ginnastica (1966). Di fatto, l’opera artistica di Isgrò nasce da questi esordi letterari e si sviluppa a partire dagli anni ’60, un momento cruciale per l’arte occidentale. In questo periodo, a seguito del secondo dopoguerra, New York è già diventata il nuovo centro mondiale dell’arte, sostituendosi a Parigi quale polo di innovazione culturale. In questo contesto, nuovi movimenti si formano e disfano a gran velocità ed un ristretto gruppo di critici decide le sorti della nuova generazione di artisti. Spicca, a tal proposito, il gruppo di intellettuali formalisti guidati da Clement Greenberg, e di cui fecero parte anche Michael Fried e, per un breve periodo, Rosalind Krauss.
Negli anni ’60, quando l’opinione di Greenberg dettava legge per le gallerie di Manhattan, il mondo dell’arte iniziò a reagire attraverso nuove forme espressive, cercando una via di uscita dalla retorica normativa, autoritaria imposta da una ristretta élite culturale sugli artisti locali. Da un lato, il Minimalismo sperimentò con nuovi approcci alla scultura, mentre l’Arte Concettuale aprì la strada a nuove tecniche basate sull’uso di parole, testi, ed altri elementi linguistici alternativi ai formati tradizionali, ancora legati ad un’idea binaria di scultura e pittura. Di questo parla anche l’artista Sol LeWitt, una delle voci di spicco del movimento che, in Sentences on Conceptual Art, critica una concezione puramente estetica dell’esperienza artistica, rifiutando conseguentemente di classificare le proprie opere attraverso il linguaggio comunemente impiegato da critici e storici dell’arte, benché molti dei suoi lavori siano assimilabili a forme relativamente tradizionali di pittura. D’altro canto, gli artisti concettuali cercarono attivamente di portare il linguaggio al centro della propria indagine. L’esempio più evidente è quello di Lawrence Weiner, le cui creazioni sono costituite da sezioni di testo dipinte su muri. Come Weiner stesso nota, il centro delle sue opere non è il singolo esemplare, l’opera d’arte in quanto oggetto. Piuttosto, l’elemento creativo è insito nel testo come idea, un concetto selezionato appositamente dall’artista e che può essere contemplato sulle pareti di un museo, letto per strada, sentito per caso camminando in strada. Il medium materiale diventa così secondario. E’ facile capire l’aspetto rivoluzionario di questa operazione, dal momento che essa sconvolge le definizioni tradizionali della categoria “arte”. Basti pensare che nella maggior parte dei paesi occidentali le leggi sulla proprietà intellettuale ancora oggi associano il copyright all’opera d’arte quale realizzazione materiale di un’idea. L’opera di Weiner trascende questo aspetto e procede verso la dematerializzazione del gesto artistico così come del prodotto finale.
Dopo questa necessaria digressione, torniamo al caso italiano di Isgrò. Nel 1964, egli crea le prime “cancellature”, opere in cui l’artista copre selettivamente sezioni di testo da testi quali enciclopedie e raccolte poetiche. Come in Weiner, il linguaggio diventa lo strumento artistico di Isgrò e, come in Weiner, l’importanza del gesto passa dalla creazione di un nuovo contenuto visivo alla selezione di un lavoro preesistente, che ottiene nuova vita attraverso la volontà dell’artista. Da un certo punto di vista, la cancellatura è diventata nel corso degli anni il simbolo e il brand di Isgrò. Come egli stesso ha dichiarato, “la cancellatura è come lo zero in matematica, chiamato a formare, da solo, tutti I numeri e tutti I valori”. Il suo valore come artista sta dunque nella sua capacità di trasformare un gesto di per sé banale in un segno identitaria ed una forma espressiva pregna di significato. In questo senso, l’artista si dimostra in linea con le sue controparti americane, che riuscirono a connettere il proprio nome a forme e tipologie artistiche immediatamente riconoscibili: LeWitt con le sue pitture murali, Weiner e le opere testuali, Joseph Kosuth e il rapporto tra immagini, idee, e parole. Isgrò prende una strada a metà tra letteratura ed arte, che ricorda le forme di poesia concreta già sperimentata dai Futuristi italiani nella prima metà del Novecento. L’idea di associare elementi formali a un testo (forme, composizioni, cancellature) crea uno spazio intermedio tra due mondi tradizionalmente separati ma pur sempre interdipendenti.
Due dei quattro lotti in asta, facenti parti della collezione Poesie Visive e Cancellature, includono ciascuno una coppia di serigrafie basate su questo formato. Le stampe sono numerate e firmate dall’artista. Il modello della stampa è ideale per le opere di Isgrò. Il rapporto tra stampa e forme testuali fa parte della cultura materiale occidentale. I libri stampati circolano oggi in ogni casa e fanno parte della vita quotidiana di lettori e non. Da questo punto di vista, Isgrò seleziona un formato tradizionale e lo trasforma attraverso la fusione di stampe testuali e artistiche. La serigrafia Attila (1966), facente parte del lotto 311, mostra il rapporto complementare tra immagini e testo. La stampa è di formato orizzontale (70 x 50 cm), divisa in due porzioni. Sulla destra, l’immagine consiste di un fondo nero con la sagoma bianca di un paio di occhiali nell’angolo in alto. Sulla sinistra, una porzione di testo che si sviluppa nella porzione bassa del supporto, parzialmente tagliata dalla composizione. Si tratta di una forma particolare di cancellatura, dove il testo non è coperto ma piuttosto lasciato al di fuori dell’immagine. L’opera mantiene un lato visivo, che non consiste unicamente della porzione scura della serigrafia ma piuttosto si estende alle scritte che vengono trasformate da un elemento comunemente associato al linguaggio artistico: la composizione, che difficilmente verrebbe messa in relazione a un testo, ma che diventa così parte notevole dell’opera d’arte dal momento che la nostra percezione del contenuto scritto cambia attraverso la mediazione dell’organizzazione visiva scelta dall’artista. Da questo punto di vista, Isgrò riprende le tecniche della poesia concreta e obbliga l’osservatore a riconsiderare il rapporto tra categorie estetiche eterogenee.
Le opere presentate in asta mostrano una sintesi curiosa delle origini italiane del pittore con il più vasto panorama dell’arte contemporanea internazionale. La pittura concreta è una forma d’arte non esclusivamente correlata alla cultura italiana, dal momento che fu già sperimentata dai poeti simbolisti francesi nella seconda metà dell’Ottocento, come ad esempio Guillaume Apollinaire e Stéphane Mallarmé. D’altro canto, fu poi impiegata in termini rivoluzionari dai Futuristi, il primo importante movimento d’avanguardia puramente italiano. Per quanto riguarda l’aspetto più ampio, internazionale della produzione di Isgrò, questo dipende in gran parte dal contatto con il Concettualismo americano che aprì la strada ad una visione più flessibile del concetto di arte, indipendente da forme tradizionali come pittura e scultura. In questo modo, l’intuizione dell’Arte Concettuale di impiegare componenti testuali assume una nota estetica, data dall’attribuzione di qualità formali alle parole. Questa scelta mostra l’indipendenza di Isgrò come artista, dal momento che il movimento dell’Arte Concettuale si distanzia dall’attribuzione di valore estetico all’opera d’arte, come spiegato da Joseph Kosuth nel suo famoso articolo Art after Philosophy, una dura critica delle forme di criticismo tradizionali associate al formalismo di Greenberg. Isgrò, al contrario, utilizza la poesia concreta e la tecnica della cancellatura per attribuire qualità visive alle proprie creazioni.
Le opere di Isgrò presentate in catalogo offrono una visione dell’arte inusuale, che obbliga lo spettatore a riconsiderare la propria idea di cosa costituisca un prodotto culturale. D’altro canto, questa è la vocazione dei vari movimenti concettuali che si svilupparono dagli anni ’60 in avanti: mettere in discussione, invitare alla riflessione, e ridiscutere il valore dell’arte e il suo ruolo nell’esperienza umana. Isgrò partecipa a questo dibattito da un punto di vista peculiare, come letterato e artista al tempo stesso, e proprio per questo apporta un contributo originale ed unico. In tal senso, la scelta del formato di stampa è notevole dal momento che si adatta in maniera ideale alla componente testuale delle opere, combinandole con forme visive più tipiche delle tecniche serigrafiche e litografiche. Come osservato in questo approfondimento, il segreto per comprendere le opere proposte sta nell’intersezione tra visivo e testuale, immagini e parole.