La PopArt italiana nella seconda sessione 0.2 dell'asta U-3
 

La Pop Art fu, dal suo debutto nell’Inghilterra degli anni ’50, un linguaggio aperto alle diverse forme di comunicazione, estremamente libero, che rifletteva l'atteggiamento del momento.
In Italia si manifestò sopratutto a Roma e a Milano. In quegli anni vi era un proficuo scambio tra la capitale italiana e gli Stati Uniti grazie anche al lavoro dell’American Academy di Roma, tra le cui attività vi era già allora quella delle residenze d’artista.
La Pop Art italiana rispetto a quella americana, non si limitò alla rappresentazione della realtà ma tese a sottolinearne il lato critico.

Questo avvenne, in senso storico, nelle tele di Giangiacomo Spadari, Paolo Baratella, Fernando De Filippi. 

Per Spadari dialogare con la storia o meglio con il proprio tempo significava cogliere l’attimo, sia che si trattasse di un fatto di cronaca o di un momento particolare che cambiava la storia.
Spadari li rappresentò sempre con un'integrità quasi fotografica, affidandosi come artista all’audacia del colore, blu, rosso, giallo, arancio.
Per Paolo Baratella dipingere era un dialogo tra sé e l'attualità, a tratti molto personale, il cui incipit si collocava negli anni della Seconda Guerra Mondiale. La sintesi fu letteraria, fortemente critica, aperta alle istanze culturali che portarono alla teoria filosofica dell’Esistenzialismo.
Fernando De Filippi guardò all’anti naturalismo come scelta stilistica. La realtà nelle sue tele veniva riletta attraverso il linguaggio dell’arte, che per l’artista era un atto fortemente simbolico e intellettuale, prima ancora che formale.