Plessi nasce nel 1940 a Reggio Emilia, formandosi come artista presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, di cui divenne successivamente professore. Intorno ai primi anni ‘70, inizia a sperimentare con nuovi generi e materiali, diventando uno tra i primi artisti italiani a praticare video art come parte centrale della propria produzione. Si esibisce inoltre come performer, portando le sue rappresentazioni sia in Italia che all’estero in Francia, Belgio, e Germania. Le opere in catalogo appartengono a questo periodo e riflettono una carriera artistica in rapida ascesa. Nel 1978 Plessi partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia, IXL edizione, nella mostra L’Immagine Provocata. Si tratta di un’importante piattaforma di lancio che permette all’artista di accedere a rinomati spazi espositivi europei, quali il Centre Pompidou di Parigi, dove espone nel 1982, e il Palais des Beaux Arts di Bruxelles, con cui collabora nel 1983.
Le opere in catalogo non provengono da una serie unica, tuttavia presentano notevoli somiglianze per quanto riguarda tecniche e materiali.
Il primo gruppo consta di nove pezzi. Per ciascuno di essi, il supporto usato è cartoncino bianco di piccolo formato, che Plessi rielabora con la tecnica del collage. Le immagini, da una a quattro, sono disposte a griglia sul foglio. Attorno e su di esse, l’artista aggiunge commenti scritti a mano, integrando l’opera attraverso l’uso di parole o sezioni di testo più estese. Il secondo gruppo comprende solamente due pezzi, Progetto no. 160 (1970) e Paesaggio a Segrate (1972), in cui l’artista impiega forme più tradizionali di disegno policromo su un supporto di carta millimetrata. Queste ultime opere mostrano in maniera più esplicita il gesto artistico, che si sviluppa attraverso le linee tracciate su di un supporto bidimensionale. Nei nove lavori a collage, al contrario, le immagini selezionate non sono state create direttamente dall’artista. In questo caso, l’opera d’arte nasce da un gesto di riappropriazione che trasforma immagini eterogenee dando loro un nuovo significato per mezzo del testo, che costituisce una nuova chiave di lettura.
L’utilizzo di elementi testuali come componenti centrali della tecnica artistica pone la produzione di Plessi in relazione a fenomeni contemporanei del mondo dell’arte internazionale. Negli Stati Uniti, gli anni ’60 assistono alla nascita dell’Arte Concettuale, che segna un momento di transizione dal dominio dell’Espressionismo Astratto verso nuove forme espressive, che enfatizzano il ruolo dell’opera d’arte come prodotto intellettuale. L’utilizzo di testi è un elemento cardine nella produzione di molti artisti americani che costruirono la propria fama in questi anni, come Joseph Kosuth e Lawrence Weiner. Si tratta di una scelta consapevole, descritta dall’artista concettuale Adrian Piper nel suo saggio Out of Order, Out of Sight. Secondo Piper, l’abbandono delle tecniche artistiche tradizionali, sostituite dall’utilizzo esteso di forme testuali, permette di esplorare temi e soggetti preclusi dalle concezioni più tradizionali di arte. Nella sua visione, Piper vede l’uso del linguaggio come garante di una nuova oggettività. In questo modo, l’artista non è più costretto ad esprimere il proprio contatto esistenziale con l’opera. Al contrario, si può focalizzare su un’analisi strutturale dell’opera come una forma di linguaggio a sé stante.
Le opere testuali di Plessi proposte in catalogo si rifanno a questa concezione. L’artista rifiuta un contatto diretto con il supporto dal momento che la scrittura impone una rielaborazione intellettuale del contenuto da parte di chi concepisce il testo. Mentre altri gruppi d’avanguardia, come ad esempio i surrealisti dagli anni ’30 in avanti, sperimentarono con forme di espressione diretta quali la pittura automatica, il Concettualismo tentò di tradurre la propria poetica in un’analisi oggettiva, una sorta di linguistica dell’arte. Per questo motivo, i lavori di Plessi esprimono un certo distacco. Non sono il prodotto di getto di un singolo istante creativo ma l’espressione di un pensiero compiuto e articolato attraverso l’opera d’arte. Dunque, si assiste ad un processo di dematerializzazione dell’opera d’arte. Da un lato, le immagini vengono ricontestualizzate e riappropriate da diverse fonti. Dall’altro, l’artista utilizza il testo come un commentario esplicito e volutamente privo della medesima ambiguità introdotta dagli elementi formali in pittura. Il contenuto non nasce dalla forma della scrittura, piuttosto dal messaggio che questa propone.
Al di là delle caratteristiche tecniche, molte tra le opere in catalogo condividono l’interesse per il tema dell’acqua, che caratterizza la produzione giovanile di Plessi. In Acqua Obliqua 2, l’artista gioca con la superficie del liquido, rappresentato mediante l’utilizzo di piani rigidi in vari stati e composizioni. La fluidità della sostanza si perde nella rappresentazione e, come suggerito dal titolo, l’acqua assume connotazioni geometriche inusuali. Si tratta di una visione plastica del materiale, che crea associazioni inusuali tra l’esperienza dello spettatore e la rappresentazione ideata dall’artista. Uno stratagemma simile è impiegato nel disegno Progetto no. 160. Scava-acqua, dove Plessi mette in relazione due categorie distinte, ovvero l’acqua e i macchinari normalmente impiegati per muovere materiali solidi, come terra e detriti. L’accostamento crea una nuova tipologia di oggetto, la cui natura è paradossale. Come tipico di varie forme di arte concettuale, l’opera di Plessi indaga la natura di termini e concetti impiegati nella vita di tutti i giorni, mettendone in discussione la validità oppure obbligando lo spettatore a creare connessioni inusuali tra sfere normalmente distinte.
Considerati gli influssi internazionali sull’opera di Plessi, salta subito all’occhio il variegato curriculum dell’artista, costellato di partecipazioni ai più importanti eventi artistici d’Europa. Per esempio, l’artista ha rappresentato l’Italia nella XLII Biennale di Venezia (1986). Un dato importante è la lunga carriera dell’artista, che prosegue tutt’oggi e che negli anni ha sperimentato con tecniche e materiali innovativi, facendosi tra i primi portavoce della video art in Italia. Come i concettualisti americani negli anni ’60, Plessi si propone al pubblico come uno sperimentatore e le sue opere mostrano la volontà di incorporare influenze e metodologie eterogenee. È proprio questa varietà a rendere le undici opere proposte particolarmente interessanti, dal momento che gettano luce sulla prima porzione della produzione dell’artista, diventato famoso grazie alle sue performance e installazioni che, per loro stessa natura, sfuggono alle forme di collezionismo tradizionali.
La personalità artistica di Plessi è resa ulteriormente interessante dalla collaborazione negli anni con brand di rilevanza nazionale ed internazionale, quali Benetton (1988), Philips (1995), Ferrari (2000), e Calvin Klein (2002). L’importanza dei marchi da lui rappresentati definisce un profilo artistico ben inserito nelle dinamiche del mondo dell’arte e mantenutosi attivo lungo un periodo di tempo continuativo. Detto questo, è bene sottolineare che Plessi non nasce come artista commerciale e che le sue prime opere, incentrate su forme artistiche sperimentali e connesse ai temi dell’acqua e dell’ambiente, si propongono come indipendenti dal mondo del commercio. Perciò, è bene interpretare queste componenti della sua produzione più tarda come il coronamento di una carriera di successo, a differenza di altri artisti contemporanei di grido (si pensi ad esempio al caso eclatante del fotografo David LaChapelle) che hanno costruito la propria carriera a partire da esordi nel settore commerciale.
Le opere in asta propongono un aspetto particolarmente interessante della produzione di Plessi, mettendone in evidenza le origini artistiche legate alle pratiche e alle modalità dell’Arte Concettuale. Si tratta di una testimonianza visiva importante, che mette in evidenza il periodo di transizione dell’artista dagli esordi al successo nel mondo dell’arte italiana ed internazionale. In questo modo, le opere diventano evidenza dello sviluppo stesso dell’artista e ne prefigurano i successi più tardi.